COMUNICATO STAMPA

Mostra antologica: Umberto Mastroianni. Opere dal 1931 al 1997.
Sede: Ascoli Piceno, Palazzo dei Capitani del Popolo e Scavi Archeologici; dal 27 settembre al 31 ottobre 2006.

Inaugurazione: mercoledì 27 settembre, alle ore 18:00.

Saranno presenti: 
On. Pietro Colonnella, Sottosegretario di Stato agli Affari Regionali e Autonomie Locali.
Prof.ssa Olimpia Gobbi, Assessore alla Cultura della Provincia di Ascoli Piceno.
Dott. Andrea Maria Antonini, Vice Sindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Ascoli Piceno.
Dott.ssa Patrizia Rossini, Sindaco del Comune di Castel di Lama.
Prof. Floriano De Santi, curatore della mostra e del catalogo.

Catalogo: Edizione “Arte On”, 192 pagine, interamente a colori, con riproduzioni di tutte le opere esposte, introduzioni di Pietro Colonnella, di Olimpia Gobbi, di Andrea Maria Antonimi, di Patrizia Rossini, saggio critico di Floriano De Santi. Euro 20,00 in mostra sarà venduto a Euro 18,00.

Orario: Lunedì chiuso; dal Martedì al Venerdì, 16,30/19,30; Sabato e Domenica, 10,30/12,30; 16,30/19,30.

Ufficio Stampa: La Sfinge, fax 0736/817376

Con il patrocinio del Ministero per gli Affari Regionali e Ambientali, della Regione Marche, della Provincia di Ascoli Piceno, del Comune di Ascoli Piceno, della Soprintendenza Archeologica delle Marche, del Comune di Castel di Lama, del Museo d’Arte Contemporanea “Arte On” di Castel di Lama e del Centro Multimediale “La Sfinge Malaspina”, s’inaugura il 27 settembre 2006, nel Palazzo dei Capitani del Popolo e degli Scavi Archeologici di Ascoli Piceno, la mostra antologica di Umberto Mastroianni. Curata da Floriano De Santi, il più importante esageta del Maestro di Fontana Liri, essa raccoglie oltre duecento tra sculture in bronzo e in legno, piombi e rami incisi e colorati, dipinti su carta e su cuoio, vetri, disegni, acqueforti, litografie e serigrafie, che coprono un arco di tempo che va dal 1931 al 1997, un anno prima della morte di Mastroianni. Le opere, per lo più inedite, provengono tutte dalla collezione degli artisti Marisa Marconi e Vittorio Amadio.
A parte due rilievi bronzei della stagione figurativa, Madonna con bambino del 1931 e Omaggio a Leonardo del 1939, questa singolarissima retrospettiva ha inizio di fatto con il periodo informale. In effetti, con le lastre di rame e ottone del 1962 – Spazio in Movimento, le lune, Sedimenti e Incantesimo – viene proposta una nuova iconicità elaborata dal patrocinio linguistico europeo dell’Art autre. La validità visiva non consiste nella loro frontalità, ma piuttosto nelle direttrici plurime, non più determinate a priori dalle linee-forza futuriste, ma sorte nell’atto di operare e quindi in quel momento individuate come realtà spaziale. Perfino in lastre di qualche anno dopo, Dyawa e Poeti Italiani, affiorano come fantasmi larve di profili e suggestioni ignote di immagini riconoscibili; la sperimentazione non aprioristica permette la nascita di energie che si affermano e si espandono.
Sulla fine degli anni Sessanta la scultura di Mastroianni si orienta verso un tipo di esperienza plastica in cui la relativa modifica dei sintagmi materici non converte o sconnette la visione di fondo. La prospettiva umanistica e progressiva è riaffermata; ma, al posto delle sensazioni e dei raccordi geometrizzanti, si hanno ora  cunei, pulegge e asticciole. Il consueto mannello delle attrezzerie care agli esponenti dell’omologia con l’universo tecnologico diviene veicolo all’affermarsi di un positivo critico e conseguente. Da Furia selvaggia del 1975 a Sbarramento e piramide del 1975-80, da Piccolo uccello fantastico del 1985 a Sabra e Chatila del 1991, l’oggetto - o una sua frazione o sedimentazione - non è più la trafiggente tautologia di un esistente alienato: esso è invece l’occasione di un discorso sempre più capace di entrare nel merito delle cose presenti.
Su questa base, il fondamento del linguaggio di Mastroianni è dato dalle strutture lineari, che quasi sempre formano la trama profonda delle immagini scultoree: è la linea che presiede alla nascita delle forme, le circonda, le fa germinare, le frantuma; che segue un’interna costituzione, gli strati, le schegge da cui sono composte, e le appendici, le antenne, gli aculei che ne sporgono. Insomma, crea la complicata ars meccanica che delle forme indica la crescita e il destino. Nei bronzi Kermessa del 1987-91 e Composizione cosmica II del 1990-95, e persino ne Il volo di Icaro del 1988-96, l’artista assume su se stesso i termini della dialettica tra lo spazio-ambiente e l’oggetto-soggetto. La sua poetica, pur conservando un’invidiabile indipendenza creativa, si è andata identificando con la pratica del bricolage.
Molti aspetti e molte esperienze della fantasia mastroiannea non entrano nelle sculture. Il punto e la linea, la nuance e il groviglio segnico, ciò che si rifiuta alla luce: tutto questo viene sacrificato. Tagliando gli estremi, Mastroianni si dispone al centro del mondo. Lì tutto è visibile e naturale; non  è tuttavia escluso che la mano robusta e impaziente abbia talvolta reciso quello che avrebbe potuto accogliere nel suo sistema iconico. Ma, come i grandi maestri, dall’amato Boccioni a Moore, da Brancusi a Lipchitz, egli sa di dover rinunciare a molto di quello che lo affascina e sembra appartenergli. Così molti simboli che sono stati soppressi o trascurati nella scultura tornano ad affacciarsi, trasformati in immagini di visionario splendore, nei fogli di carta, negli ori e negli argenti, nei bassorilievi in bronzo e in vetro, nei piombi e nei rami, nelle tele e nel cuoio, nella stampa d’arte, nei gessi e nelle terrecotte, con un pathos neoromantico che da Nietzsche arriva alla cultura detta d’immagine attraverso Klee e Schwitters e poi, per le vie dell’informale, ma ancora su matrice kleeiana, a Wols e a Pollock.



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